Tradimento e assegnazione casa coniugale: c’è connessione?
Il tradimento subito da parte del partner, che spesso determina la fine della vita coniugale, può essere determinante ai fini dell’assegnazione della casa coniugale in sede di separazione?
L’adulterio subito da parte del proprio coniuge, seppur sia piuttosto complicato da dimostrare in giudizio, può comportare l’addebito della separazione in capo alla parte che si è resa responsabile dell’adulterio (vedi Cosa mi spetta in sede di separazione se lui/lei mi tradisce?).
Tuttavia, gli unici effetti dell’addebito sono i seguenti:
- Perdita da parte del soggetto cui è addebitata la separazione del diritto all’assegno di mantenimento cui avrebbe diritto eventualmente (tuttavia l’eventuale declaratoria di addebito in capo al coniuge trasgressore non impedirà a quest’ultimo di godere del diritto agli “alimenti” nei confronti dell’altro coniuge qualora ne ricorrano i presupposti di legge);
- il coniuge separato con addebito perde i diritti successori inerenti allo stato coniugale, conservando soltanto il diritto ad un assegno vitalizio qualora all’apertura della successione dell’altro coniuge egli già godeva dell’assegno alimentare a carico di quest’ultimo.
- il coniuge separato “con addebito” conserverà il diritto a percepire la pensione di reversibilità ed altre indennità previste dalla legge soltanto sul presupposto dell’effettivo godimento, in vita dell’altro coniuge, dell’assegno alimentare.
Come si nota, non è annoverata come conseguenza del tradimento di un coniuge nei confronti dell’altro e del conseguente addebito della separazione al primo l’eventuale perdita della casa coniugale, l’assegnazione della quale segue altre regole.
L’assegnazione della casa familiare (o coniugale), ossia dell’immobile in cui abitualmente e stabilmente si svolgeva la vita coniugale e che rappresentava il centro di aggregazione della famiglia prima della separazione tra i coniugi, è infatti un provvedimento adottato dal giudice (o una decisione assunta dalle parti comunemente ed inserita nell’accordo di separazione consensuale o di negoziazione assistita) con il quale si stabilisce chi, successivamente alla separazione o al divorzio, continuerà a vivere nella casa familiare.
Tale istituto ha la finalità di proteggere i soggetti deboli della famiglia, ossia mira ad assicurare ai figli minori la conservazione del medesimo ambiente di vita in cui si trovavano prima della separazione tra i genitori, sì da evitare che gli stessi subiscano un trauma ulteriore rispetto a quello della perdita dell’unione familiare, ossia l’abbandono del proprio habitat.
La legge, infatti, stabilisce che la casa debba essere assegnata al genitore collocatario della prole minore, ossia quello con cui i figli minorenni andranno a vivere: questo significa che, il più delle volte, la casa viene assegnata alla moglie, presso cui più frequentemente viene collocata la prole minore.
La circostanza che la finalità principale dell’assegnazione della casa coniugale sia quella di tutelare i figli, ha come conseguenza che in caso di separazione/divorzio di una coppia senza figli, si possono verificare tre ipotesi:
- coppia in regime di separazione dei beni: la casa resta a colui che ne è titolare, anche se nei suoi confronti sia stato dichiarato l’addebito della separazione (e, quindi, anche se ha tradito l’altro coniuge e la separazione è stata la conseguenza del suo comportamento colpevole);
- coppia in regime di comunione dei beni e casa acquistata dai coniugi o da uno soltanto dopo il matrimonio🡪 divisione dell’immobile, se possibile, tra i due, oppure vendita dell’immobile ed equa divisione del ricavato tra le parti;
- coppia in regime di comunione dei beni e casa di proprietà di uno dei due coniugi prima del matrimonio o pervenuta ad uno dei coniugi in donazione o eredità anche dopo il matrimonio🡪 l’immobile resta di proprietà del titolare, anche se nei suoi confronti sia stato dichiarato l’addebito della separazione (e, quindi, anche se questi si è reso responsabile della separazione, essendo stato infedele).
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, che può essere anche trascritto nei registri immobiliari della Conservatoria affinché l’assegnatario si ponga al riparo da eventuali pretese del terzo cui il coniuge proprietario dell’immobile abbia eventualmente alienato lo stesso o che comunque vanti diritti sulla casa, non è irrevocabile, e può venir meno su decisione del giudice nelle seguenti ipotesi :
– quando vengono meno i presupposti che hanno giustificato l’assegnazione, quindi, ad esempio, quando i figli divengono maggiorenni ed economicamente autosufficienti;
– quando è avviata una nuova convivenza more uxorio da parte dell’assegnatario o quest’ultimo celebri nuovo matrimonio o cessi di abitare stabilmente nella casa coniugale.
Tirando le fila del discorso e tornando alla domanda di partenza, poiché tradimento, e più precisamente l’addebito della separazione, e assegnazione della casa coniugale si fondano su presupposti completamente diversi, è ben è possibile che, se la coppia ha figli minori e la separazione sia stata addebitata, ad esempio, alla moglie, il marito a causa del tradimento di quest’ultima, il marito veda comunque sottrarsi la casa coniugale, nella quale permarrà la moglie, seppur adulterina, in quanto collocataria della prole. Così come potrebbe verificarsi la stessa situazione a parti invertite, seppur sia molto meno frequente.
Ciò in quanto, si ribadisce, la ratio dell’assegnazione della casa coniugale è la tutela dei figli, non la condanna del soggetto colpevole della separazione in caso di sua infedeltà.
Avvocato Teresa De Crescenzo
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