L’usucapione nei confronti dello Stato
L’usucapione nei confronti dello Stato.
L’usucapione trova definizione nell’etimologia del termine: dal latino uso – capere, acquisire con l’uso e si distingue dagli altri modi di acquisto della proprietà poiché può avere ad oggetto, non solo il diritto di proprietà, ma anche i diritti reali.
La giurisprudenza è solita ritenere che l’usucapione possa essere utilmente accertata nei confronti di chiunque contesti il diritto affermato dall’attore vantandone uno proprio.
Caso particolare ed atipico è quello in cui si voglia usucapire un bene immobile apparentemente privo di un vero e proprio proprietario, si pensi ad un appartamento rientrante in un asse ereditario privo di soggetti successibili.
All’uopo si rammenta che l’art. 586 c.c. prevede espressamente che in tale ultimo caso, acquisisce di diritto, e senza bisogno di accettazione, a titolo di eredità i beni oggetto di successione, lo Stato che, dunque, assume la veste di vero e proprio successore legittimo, prevedendo, inoltre, contro il principio generale dettato dall’art. 459 c.c., che l’acquisto abbia luogo ipso iure, ovvero senza bisogno di accettazione.
Tale disposto trova giustificazione nel principio secondo cui le eredità sono devolute da ultimo allo Stato, perché questi adempia ad un dovere di interesse generale, impedendo che i beni restino in stato di abbandono o che siano oggetto di occupazione da parte di chi non vanti su di esso alcun diritto.
Il bene entra, dunque, a far parte del patrimonio disponibile dello Stato e, in quanto tale, soggetto alle comuni regole di diritto privato.
Esso,dunque, potrà essere oggetto di usucapione da parte dei privati.
Si badi, dunque, nell’ipotesi appena trattata il contraddittorio non dovrà mai essere costituito nei confronti di un curatore di un eredità vacante e/o giacente, come alcuni sostenevano in passato, a patto, ovviamente che siano decorsi 10 o più anni dall’apertura della successione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 480 c.c..
Ciò detto si rimarca che la legge finanziaria n.269 del 2007, art. 1 , co. 260, ha previsto, a far data dal giorno 1 gennaio 2007, che al possesso esercitato sugli immobili vacanti o derivanti da eredità giacenti si applichi la disposizione di cui all’ art. 1163 c.c. sino a quando il terzo, esercente attività corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale, non notifichi all’ agenzia del Demanio di essere in possesso del bene vacante.
La Suprema Corte (Cass. Sez. II, 26.01.10 n.1549) ha dissipato ogni dubbio circa l’applicabilità del surrichiamato disposto, affermando la totale mancanza di efficacia retroattiva della suindicata disposizione, statuendo che in caso di attività possessorie iniziate anteriormente all’ anno 2007, per il decorso del termine usucapiendi a nulla rileva la mancanza della prescritta comunicazione all’organo preposto.
Lo Stato, infatti, precisa la Cassazione, non ha alcun ostacolo obiettivo che gli impedisca di venire a conoscenza dell’ acquisto a titolo ereditario della proprietà del bene oggetto del possesso esercitato da terzi, posto che l’ Amministrazione ha gli strumenti idonei per ottenere informazioni al fine di individuare i beni giacenti o vacanti sul territorio.
Avv. Massimiliano Longo
Avv. Massimilano Longo
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